Cessioni all’esportazione: inidonei i documenti privati per provare l’export

L’articolo qui riportato è un estratto. L’articolo completo è disponibile sul Quotidianopiu di Giuffrè.

Un commento alla sentenza n. 37765/2022, nella quale la Corte di Cassazione ha ribadito che, in fase di esportazione, il venditore, in quanto esportatore, non si "libera" della responsabilità dell'uscita delle merci mediante le semplice consegna delle stesse allo spedizioniere, dovendo accertarsi, sulla base della normativa doganale unionale, l'effettiva uscita delle stesse dal territorio doganale UE, pena la riqualificazione della cessione come interna, soggetta quindi ad IVA.

La Cassazione, con sentenza n. 37765/2022, ha ribadito che, per godere della non imponibilità della cessione all’esportazione, è necessario che, se vi sono elementi presuntivi per ritenere che la merce non sia stata trasportata oltre il territorio doganale unionale, l’uscita dei beni sia documentata con prove certe ed incontrovertibili e che risulti la vidimazione dell’Ufficio doganale. 

Tali mezzi di prova possono riguardare le attestazioni di pubbliche amministrazioni dello Stato di destinazione dell'avvenuta presentazione delle merci in dogana o la vidimazione apposta dall'Ufficio doganale sulla fattura, o i documenti internazionali di trasporto, mentre sono inidonei i documenti di origine privata, quali le fatture o la documentazione bancaria attestante il pagamento. 

I fatti di causa 

La vicenda origina da un controllo delle Dogane inerente la veridicità e la consistenza del plafond IVA legato alle cessioni all'esportazione, a cui seguì un avviso di accertamento delle Entrate che recuperò l'IVA dovuta, oltre sanzioni, contestando .....

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Legge di bilancio 2023: la definizione agevolata delle accise ma non dell’IVA all’importazione

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