IL RAPPORTO TRA FATTO GENERATORE ED ESIGIBILITA’ DELL’IVA PER LA CORTE DI CASSAZIONE NELLA SENTENZA 17826/2021
Articolo pubblicato sul n. 7 del Bollettino Tributario del 15.4.2022
Nota Redazionale (l’articolo completo è leggibile in rivista).
La lettura della Cassazione e le direttrici offerte in materia dalla Corte di Giustizia.
Con sentenza n. 17826 del 22/06/2021 la Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato rapporto tra fatto generatore e momento di esigibilità dell’IVA sovente oggetto di un approccio differente tra giudice unionale e giudice comune per effetto, anche, di divergenze semantiche rintracciabili rispettivamente nella normativa UE ed in quella interna.
Oggetto dell’intervento era la mancata fatturazione da parte di una società nei confronti di una sua consociata, a seguito di prestazioni di servizi a quest’ultima regolarmente rese, a motivo del loro mancato pagamento da parte della committente, il che ingenerava nella prima la convinzione dell’assenza di esigibilità dell’imposta.
La committente, inoltre, in sostituzione del versamento del corrispettivo pattuito, erogava a favore della consociata creditrice un prestito oneroso di importo complessivo corrispondente al prezzo che doveva essere versato per i servizi prestati.
L’Agenzia delle Entrate, di contro, sosteneva l’evidenza del “momento esigibile” con conseguente obbligo di fatturazione e versamento dell’IVA, riqualificando l’operazione, complessivamente considerata, come in odore di abuso per un’evidente antieconomicità della stessa, in quanto schermata dall’erogazione del prestito diretto a dissimulare il pagamento dei servizi resi, con conseguente irrogazione di sanzioni nei confronti della società appaltatrice per la mancata regolarizzazione in autofatturazione dei servizi prestati.
Qui la Cassazione argomenta sostenendo che il fatto generatore sorge, in termini univoci e non modificabili dai legislatori nazionali, nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi, che è così ancorato al materiale espletamento dell’operazione e non già al pagamento del corrispettivo la cui “assenza” (per inadempimento o risoluzione del contratto), verificatasi successivamente all’operazione, non elimina l’obbligazione tributaria ma incide solo sulla sua base imponibile.
Il pagamento del corrispettivo, prosegue la Corte, rileva e coincide con il momento esigibile (la riscossione) dell’imposta ed identifica “l’estremo limite temporale per l’adempimento dell’obbligo di fatturazione” (SS. UU. n. 8059/2016), concludendo che “l’obbligo di fatturazione trae origine proprio dall’esser già venuto ad esistenza il fatto generatore dell’imposta. Solo il suo adempimento … è rinviato al momento del pagamento, ossia al verificarsi della condizione cui il nostro ordinamento subordina l’esigibilità dell’imposta”.
Tali conclusioni sono rintracciabili in un più recente intervento della Corte (v. Ord. n. 29485 del 21/10/2021) nel quale, preso atto della propria precedente giurisprudenza secondo cui l’art. 6 c. 3 del DPR 633/72 poneva una “presunzione assoluta di corrispondenza” tra la data della percezione del corrispettivo e quello della sua esecuzione, ciononostante una lettura conforme alla disciplina IVA unionale richiede ora di operare una distinzione tra tre diversi momenti, in cui il secondo ed il terzo coincidono, a) quello del “fatto generatore” dell’imposta (che costituisce l’origine dell’obbligazione tributaria e dell’imponibilità IVA) cui si ricollegano l’operatività della disciplina del tributo ed i relativi effetti, b) quello dell’“esigibilità” dell’imposta (attitudine attuale ad essere pretesa in riscossione da parte dell’Erario) e c) quello del “pagamento”.
In tal modo viene ribadita la necessità di tenere separati il “fatto generatore” dell’imposta dal “momento di esigibilità” della medesima, nonostante “i due momenti di regola coincidano ma se c’è scissione temporale se ne deve tenere conto distinguendo rigorosamente i due concetti”, ancorando il primo al dato del materiale espletamento dell’operazione (cessione del bene o prestazione del servizio), non già a quello del pagamento del corrispettivo, richiamando opportunamente l’interpretazione data in materia dalla Corte di Giustizia in relazione alla normativa unionale IVA, da cui la nostra Corte ha dedotto l’erroneità di una lettura dell’art. 6 del DPR 633/72 “nel senso che, per le prestazioni di servizi, il presupposto impositivo e, con esso, l’insorgenza dell’imponibilità a fini Iva, si verificano non con l’esecuzione della prestazione, bensì, successivamente, con il pagamento del corrispettivo correlativamente pattuito”, non riferendosi la norma citata al fatto generatore bensì esclusivamente alla sua esigibilità.
L’eventuale distinzione temporale tra momento generatore e momento di esigibilità dell’imposta ha, poi, refluenza diretta sul principio di detrazione dell’IVA, nella misura in cui questo è esercitabile, in capo al committente/cessionario, solo nel momento in cui l’imposta è esigibile da parte del fornitore/cedente, non rilevando il momento in cui l’operazione è materialmente realizzata, in ossequio ad un principio di simmetria tra esigibilità e detrazione.
A riprova di ciò risultano utili le argomentazioni dell’Avvocato Generale Jacobs nella causa Italittica C-144/94 (v. in particolare i punti 23, 24, 25 e 31) ove si evidenziava che, in merito alle osservazioni del giudice del rinvio (italiano) che riteneva che lo spostamento in avanti del momento esigibile, coincidente per tutti i servizi con il loro pagamento, avrebbe consentito alle parti del contratto la “scelta” di tale momento, l’IVA non è detraibile sino a quando non diviene esigibile. In tal modo il contribuente non ha nessun interesse a ritardare il momento in cui essa diviene esigibile se vuole beneficare del diritto a detrazione.
Tale problematica è stata da ultimo affrontata dalla Corte UE nel caso Grundstücksgemeinschaft in C-9/20 del 10.2.2022 in merito alla determinazione del momento in cui sorge il diritto a detrazione dell’IVA, in relazione al quale è stato ribadito che, a norma dell’art. 66 (paragrafo 1 lett. b)) della Direttiva IVA 2006/112, che consente agli Stati membri di stabilire che per talune operazioni o per talune categorie di soggetti passivi l’imposta diventi esigibile non oltre il momento dell’emissione della fattura o dell’incasso del prezzo, quando “l’imposta diventa esigibile non oltre il momento dell’incasso del prezzo anche il diritto a detrazione sorge al momento di un tale incasso del prezzo”.
Del resto, prosegue la Corte, “se il legislatore dell’Unione avesse voluto che il diritto a detrazione sorgesse invariabilmente al momento della cessione di beni o della prestazione di servizi, avrebbe potuto collegare il momento in cui sorge il diritto a detrazione al fatto generatore dell’imposta, che non è modificato dalle norme speciali di cui agli articoli da 64 a 67 della direttiva IVA, piuttosto che al momento in cui l’IVA diventa esigibile, che è soggetto a tali norme”.