L’Iva nel terzo settore
Fuori campo Iva le attività di volontariato e le attività scolastiche formative esercitate nel plesso istituzionale.
Con due Risposte ad Interpelli n. 445 e n. 446 del 29/10/2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni circa il corretto trattamento ai fini Iva dei corrispettivi/rimborsi dei servizi di volontariato prestati da un’associazione territoriale (O.d.v.) finalizzati alla custodia, al recupero ed alla cura della fauna selvatica ferita e degli animali sequestrati per maltrattamento o detenzione illegale, nonché delle prestazioni di cessione di bevande ed alimenti all’interno di in un istituto tecnico alberghiero, da parte degli alunni iscritti, inserite in un percorso formativo istituzionale scolastico.
Con la prima istanza l’associazione di volontariato, precisando che gli importi delle convenzioni stipulate con la Regione ed il Ministero erano finalizzati alla copertura delle sole spese necessarie alla realizzazione della predetta attività e che, da convenzione, erano fuori campo iva, e che per i propri servizi emetteva una nota di debito cartacea, chiedeva se, alla luce della novella normativa (d.lgs. 117/2017 – Codice del Terzo settore “CTS”) che ha abrogato la norma di favore di cui all’art. 8 della legge 266/1991 (che esentava da iva i servizi resi), fosse ancora possibile per l’associazione l’emissione delle note di debito.
L’entrata in vigore del CTS opera con effetto “a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea e non prima del periodo d’imposta successivo di operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore”.
L’Agenzia ha risposto affermando che, sino all’anno successivo all’entrata in vigore del registro unico nazionale del terzo settore, le O.d.v. potranno beneficiare delle agevolazioni previste dalla legge 226/1991, purchè vi sia l’iscrizione dell’ente negli appositi registri ed i corrispettivi ricevuti figurino solo come rimborsi spese per l’attività organica del medesimo.
Di talchè la O.d.v. non è tenuta ad aprire una posizione Iva né ad emettere fatture elettroniche per i rimborsi (a copertura delle sole spese correnti) ricevuti nel corso della propria attività, svolta in convenzione con la Regione ed il Ministero, per la cura ed il mantenimento di animali in affidamento.
Con la seconda istanza un istituto tecnico con indirizzo alberghiero ha chiesto indicazioni circa il regime fiscale applicabile nell’ipotesi di apertura di un “Bar Didattico” all’interno della scuola, in orario scolastico, per la somministrazione di alcune specifiche bevande e merende agli studenti iscritti ed al personale in servizio, gestito durante l’orario di lezione da alcuni studenti dell’istituto, coordinati dai docenti, e finalizzato a consentire agli studenti di sperimentare le competenze professionali acquisite attraverso un’esperienza pratica basata sulla simulazione di una attività realizzabile anche all’esterno.
L’Agenzia, partendo dal contenuto dell’art. 74 del TUIR secondo cui non costituiscono esercizio dell’attività commerciale “l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici”, riconoscendo l’obiettivo di consentire agli studenti coinvolti di misurare concretamente le competenze professionali acquisite attraverso una esperienza pratica svolta durante l’orario delle lezioni della disciplina “Sala e Vendita” all’interno dei locali della scuola simulando concretamente un’attività realizzabile anche all’esterno dopo la conclusione del percorso scolastico, nonché l’assenza di strutture diverse da quella propria (pubblica) ove svolgere le “simulazioni”, ha concluso per l’assenza di una “specifica organizzazione” che possa far presumere lo svolgimento di un’attività imprenditoriale ai sensi dell’articolo 55 del TUIR.
Le medesime conclusioni valgono anche ai fini Iva data l’assenza di alcun elemento organizzativo finalizzato al raggiungimento di un risultato economico ed imprenditoriale.
Si ricorda che, in tema di esenzione Iva delle prestazioni di insegnamento scolastico, è intervenuta recentemente la CGUE con sentenza C‑449/17, ricordando che sono esenti tutte quelle attività riconducibili al “sapere” impartito nell’ambito dell’insegnamento scolastico o universitario, avente quindi un “interesse pubblico”, vieppiù esenti come nell’ipotesi in questione in cui è stato escluso ogni elemento organizzativo finalizzato al lucro imprenditoriale.