La Corte di Giustizia torna sull’esenzione IVA delle vendite a catena negli acquisti intra-UE tra soggetti passivi IVA.
Ribadito il perimetro del requisito del “diritto di disporre di un bene come proprietario”.
Con sentenza pubblicata in data 23.4.2020 nella causa C-401/18, la Corte europea è tornata ad occuparsi (v. i precedenti causa C-245/04 EMAG, causa C-430/09 Euro Tyre, C-587/2010 VSTR, causa C-386/16 Toridas, causa C-628/16 Kreuzmayr, causa C-414/17 AREX) delle cessioni a catena intra-UE, oggetto del nuovo art. 36-bis della Direttiva IVA introdotto dalla Direttiva 1910/2018 applicabile dal 1.1.2020, in relazione alle quali occorre, di volta in volta, individuare, ai fini del regime di non imponibilità IVA, la cessione alla quale imputare il trasporto comunitario in quanto unica operazione che può beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’art. 138 par. 1 della Direttiva e dall’art. 41 comma 1 lett. a) del d.l. 331/1993.
La vicenda in commento ha riguardato una società (la Herst) con sede nella Repubblica ceca, operante nel settore del trasporto su strada e proprietaria di alcuni distributori di carburante, la quale aveva provveduto, con mezzi propri ed a proprie spese, al trasporto di carburanti da diversi Stati membri, vale a dire l’Austria, la Germania, la Slovacchia e la Slovenia, a destinazione della Repubblica ceca.
Nell’ambito di tali trasporti la Herst aveva agito sia come trasportatore sia quale acquirente finale di tali carburanti, al termine di una catena di successive operazioni di acquisto e rivendita.
I suddetti carburanti, inizialmente acquistati da un soggetto passivo stabilito nella Repubblica ceca, erano trasportati dalla Herst, a partire dagli Stati membri su citati, fino a tale primo Stato membro.
La Herst, che non era remunerata per il trasporto di detti carburanti ma ricavava un margine commerciale costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di vendita dei detti carburanti, trasportava i medesimi in regime di sospensione dall’accisa, e nel corso del trasporto tali prodotti erano rivenduti in successione ad altri operatori economici, stabiliti nella Repubblica ceca.
Sulla base di un contratto di vendita tra la Herst e tale operatore economico, era stabilito sin dall’inizio del trasporto che la prima sarebbe stata giuridicamente proprietaria dei carburanti solo dopo che questi ultimi fossero immessi in libera pratica nella Repubblica ceca.
La Herst ha sostenuto dinanzi all’amministrazione tributaria ceca che gli acquisti di carburanti da essa effettuati nella Repubblica ceca costituivano acquisti interni, viceversa l’amministrazione tributaria ceca ha, invece, ritenuto che si trattasse di acquisti intracomunitari.
Con l’ordinanza di rimessione il giudice a quo ha chiesto alla Corte di chiarire se l’articolo 20 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che il soggetto passivo che effettua un trasporto intracomunitario di beni in regime di sospensione dall’accisa, con l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica una volta immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, acquisisca il potere di disporre di detti beni come proprietario, ai sensi della disposizione in parola, sebbene, durante il loro trasporto, gli stessi beni siano stati successivamente rivenduti ad altri operatori economici
La Corte ricorda preliminarmente che l’acquisto intracomunitario di un bene, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva IVA, si verifica quando il diritto di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e il fornitore dimostra che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di partenza
Il dubbio del giudice rimettente è se, nel caso specifico, il diritto di disporre del bene come proprietario sia stato o meno trasmesso ad un soggetto passivo, quale la Herst, che, senza esserne proprietario in tale fase, ha trasportato beni in regime di sospensione dall’accisa da un primo Stato membro verso un secondo Stato membro, con l’intenzione di acquistare tali beni solo dopo la loro immissione in libera pratica in quest’ultimo Stato membro (Repubblica Ceca).
Al riguardo la Corte, richiamando due suoi precedenti (Itales C‑123/14 e Arex CZ C‑414/17), sottolinea che il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario non richiede necessariamente che la parte alla quale tale bene è trasferito lo detenga fisicamente né che detto bene sia fisicamente trasportato verso la stessa e/o fisicamente ricevuto dalla stessa.
La Corte, inoltre, ricorda che in ipotesi quali quella in oggetto occorre procedere ad una valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie al fine di individuare a quale cessione sia associabile il trasporto esente IVA, valutazione che richiede di identificare il momento temporale in cui è avvenuto il trasferimento, a favore dell’acquirente finale, del potere di disporre dei beni come proprietario. Qualora il trasferimento sia avvenuto prima che fosse effettuato il trasporto intracomunitario, questo è circostanza idonea a far sì che l’acquisto sia qualificato come acquisto intracomunitario in favore del cliente finale.
La Corte, al punto 46, specifica che “l’applicazione del criterio temporale consentirebbe al giudice del rinvio di stabilire se si debba imputare il trasporto di carburanti all’acquisto effettuato dal primo operatore economico della catena di operazioni di acquisto e rivendita prima che abbia luogo l’unico trasporto intracomunitario dei suddetti carburanti. Per contro, detto criterio risulterà inapplicabile se, nella fattispecie di cui al procedimento principale, nel corso di detto trasporto abbiano avuto luogo successivi trasferimenti di tale potere”, lasciando così al Giudice del rinvio la valutazione complessiva.
La Corte ha così concluso affermando che l’articolo 20 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che il soggetto passivo che effettua un trasporto intracomunitario unico di beni in regime di sospensione dall’accisa, con l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica una volta che essi siano stati immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, acquisisce il potere di disporre di detti beni come proprietario, ai sensi della disposizione in parola, a condizione che egli abbia la possibilità di adottare decisioni atte ad incidere sulla situazione giuridica dei medesimi beni, tra cui, in particolare, la decisione di venderli.
Inoltre la circostanza che tale soggetto passivo (la Herst) avesse fin da subito l’intenzione di acquistare tali beni ai fini della sua attività economica, una volta immessi in libera pratica nello Stato membro di destinazione, costituisce una circostanza che deve essere presa in considerazione dal giudice nazionale nell’ambito della sua valutazione globale di tutte le circostanze particolari del caso di specie sottopostogli al fine di determinare a quale degli acquisti successivi debba essere imputato detto trasporto intracomunitario, senza che sulla decisione possa influire in alcun modo lo “status” del bene oggetto di cessione (ovvero la circostanza che i beni erano in regime di sospensione di accisa da versare al momento di arrivo dello Stato di consumo).
La Corte ha affrontato inizialmente la problematica nella causa C-245/04 EMAG in cui affermava che “Quando due cessioni successive relative agli stessi beni, effettuate a titolo oneroso tra soggetti passivi che agiscono in quanto tali danno luogo ad un’unica spedizione intracomunitaria o ad un unico trasporto intracomunitario di detti beni, tale spedizione o tale trasporto può essere imputato ad una sola delle due cessioni, che sarà l’unica esentata ai sensi dell’art. 28 quater, parte A, lett. a), primo comma, della sesta direttiva 77/388”.
Tale assunto è stato successivamente ripreso negli altri precedenti citati in apertura di commento nei quali è stata ribadita la non imponibilità di quelle cessioni intra UE alle quali è imputabile il trasporto del bene, chiarendo altresì il concetto di “diritto di disporre di un bene come proprietario” durante il trasporto.
Tale principio è stato di recente riaffermato nella causa C-414/17, richiamata direttamente dal giudice del rinvio della causa in commento per evidenti similitudini, dalla quale si evince che colui che si assume i rischi derivanti dal trasporto del bene (ad esempio, il rischio della distruzione accidentale) è colui che ha il potere di disporre del bene come proprietario, cosicché nell’imputare il singolo spostamento transfrontaliero della merce ad una determinata cessione all’interno di un’operazione a catena assume rilievo determinante chi, nel quadro del trasporto transfrontaliero del bene, sopporti il rischio di perdita accidentale della merce. Questa cessione rappresenta la cessione intracomunitaria esente localizzata all’inizio del trasporto. Per contro, non rileva chi, nel corso del trasporto, è proprietario sotto il profilo del diritto civile o se il trasporto avvenga in un particolare regime doganale.
La questione, quindi, sarà rimessa alla sensibilità del Giudice del rinvio il quale dovrà decidere anche sulla base delle conclusioni raggiunte dalla Corte nella sentenza Arez Causa 414/17, richiamata in atti, la quale ai punti 59 e ss. rileva che l’assoggettamento ad IVA degli acquisti intracomunitari di prodotti soggetti ad accisa nello Stato membro di destinazione è subordinato a tre condizioni cumulative.
In primo luogo occorre che l’operazione costituisca un acquisto intracomunitario ai sensi dell’articolo 20 della direttiva IVA, in secondo luogo che tale operazione abbia ad oggetto beni sottoposti ad accisa per i quali le relative accise sono esigibili nel territorio dello Stato membro di destinazione e, in terzo luogo, che detta operazione sia effettuata da un soggetto passivo.
Riguardo la prima, l’acquisto intracomunitario di un bene è effettuato quando il diritto di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore dimostra che detto bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o a trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di partenza.
Conclude la Corte che soltanto un acquisto in cui ricorrono tutte le condizioni summenzionate può essere qualificato come acquisto intracomunitario.