ATTIVITÀ DI MISCELAZIONE DI PRODOTTI ENERGETICI IN DEPOSITO FISCALE COMMERCIALE ED ESENZIONE DA ACCISA. LA RISPOSTA DELLE DOGANE
Con Risoluzione 1/D del 22.1.2020 le Dogane hanno ribadito il perimetro dell’esenzione dell’accisa per i prodotti energetici impiegati all’interno degli stabilimenti di produzione ai sensi dell’art. 22 comma 1 del d.lgs. 504/95 (Testo Unico Accise).
L’Agenzia ha affermato che in relazione alla richiesta esenzione da accisa nei casi di utilizzo di prodotti energetici nei depositi di stoccaggio, l’attività di miscelazione dei prodotti in questione per il riscaldamento necessario a conservare la fluidità dei prodotti energetici detenuti all’interno di un deposito fiscale, non può modificare la natura del deposito in uno stabilimento di produzione ai fini dell’esenzione in oggetto.
L’Agenzia, quindi, alla richiesta di un deposito commerciale di “mero stoccaggio”, autorizzato alla gestione dell’impianto in regime di deposito fiscale, di riconoscere quale consumo connesso alla produzione quello del gasolio impiegato per operazioni di riscaldamento tecnicamente necessarie per conservare la fluidità dei prodotti energetici detenuti, finalizzato ad alcune attività di miscelazione, ha risposto negando il diritto all’esenzione.
L’Agenzia ha chiarito i limiti del dettato dell’art. 22 del TUA, di recepimento della normativa unionale (art. 21 par. 3 Direttiva 2003/96), che manda esenti i consumi di prodotti energetici negli stabilimenti di produzione con esclusione di quelli collegati a prodotti destinati a scopi non connessi con la produzione di prodotti energetici.
L’art. 22 del TUA prevede l’esenzione sia nei casi di consumo di prodotti energetici all’interno di uno stabilimento che produce prodotti energetici se il consumo riguarda prodotti fabbricati all’interno ed all’esterno dello stabilimento, sia nelle ipotesi di consumi connessi con la produzione di prodotti energetici effettuati per operazioni di riscaldamento tecnicamente necessarie per conservare la fluidità dei prodotti energetici, effettuate nell’interno dei depositi fiscali, con esclusione, quindi, dei depositi commerciali di “mero stoccaggio”.
L’Agenzia ricorda di aver costantemente dato applicazione al citato art. 22, comma 1, riconoscendo come non realizzato il fatto generatore di accisa qualora il consumo di prodotti energetici (a prescindere dal loro luogo di fabbricazione) sia avvenuto all’interno di uno stabilimento di fabbricazione e per fini connessi alla produzione degli stessi prodotti. Analogo trattamento è stato riservato ai prodotti energetici utilizzati in combinazione come combustibile per riscaldamento e nelle operazioni rientranti nei cosiddetti trattamenti definiti previsti dalla nota complementare 4 del capitolo 27 della Nomenclatura Combinata (in specie, il cracking, il reforming, ecc…).
Le operazioni soprarichiamate si rinvengono tipicamente nei processi industriali realizzati nelle raffinerie e negli stabilimenti petrolchimici, impianti ricadenti nella disciplina dell’art. 23 comma 1 del TUA.
Secondo l’Agenzia “il tenore letterale dell’art. 22 del TULD non consentendo interpretazioni estensive delle sue disposizioni, genera l’incompatibilità della categoria dei depositi commerciali di prodotti energetici gestiti ai sensi dell’art. 23 commi 3 e 4 del TULD con la fattispecie di esclusione dall’applicazione dell’accisa prevista dal suddetto art. 22, per carenza dei requisiti di legittimazione. Né l’effettuazione di attività di miscelazione di prodotti energetici può valere a far assumere all’esercizio del deposito fiscale i caratteri oggettivi propri di uno stabilimento di produzione”.