Esenzione IVA all’esportazione anche in assenza del vincolo al regime doganale dell’esportazione. Approccio sostanzialistico.

Con la sentenza C-275/18 del 28.3.2019 la Corte di Giustizia, con un approccio sostanzialistico che spesso la contraddistingue, ha affermato la non imponibilità IVA nei casi di cessione di beni all’esportazione anche in assenza della dichiarazione doganale di esportazione purché vi sia la prova che i beni abbiano lasciato il territorio doganale comunitario con il conseguente trasferimento della loro proprietà.

Il caso riguardava un contribuente che, tra il 2012 ed il 2014, aveva spedito all’estero per via postale ogni mese da 400 a 500 oggetti da collezione in ambito militare al di fuori dell’UE senza aver presentato nessuna dichiarazione IVA, ritenendo che le cessioni fossero esenti da imposta perché inerenti beni destinati all’esportazione.

Con atto di recupero l’Ufficio locale recuperava l’IVA all’esportazione a causa dell’assenza del timbro di uscita (mancanza della dichiarazione doganale di esportazione) dal territorio doganale UE presente nelle spedizioni di cui sopra nonostante fosse stata provata l’uscita a mezzo dei documenti postali di spedizione.

La lettura coordinata degli artt. 146 e 14 della direttiva IVA 112/2006, inerenti rispettivamente le cessioni di beni spediti o trasportati dal venditore o per suo conto fuori dall’UE ed il potere di disporre di un bene come proprietario, ha portato la Corte, correttamente, a privilegiare in punto di prova la dimostrazione dell’effettivo trasferimento dei beni all’estero piuttosto che il vincolo ad un determinato regime doganale con conseguente esibizione della dichiarazione doganale.  

La Corte ha interpretato l’espressione “spediti” (art. 146 lett. a) Dir. IVA) nel senso di ritenere che l’esportazione di un bene si possa perfezionare e l’esenzione della cessione all’esportazione sia applicabile quando il potere di disporre di tale bene come proprietario sia stato trasmesso all’acquirente ed il fornitore dia prova che tale bene è stato spedito o trasportato al di fuori dell’UE ed il bene, in seguito a tale spedizione o trasporto, ha lasciato fisicamente il territorio doganale comunitario.

Si aggiunga che l’art. 146, par. 1, lett. a) della Direttiva IVA non subordina l’esenzione all’esportazione ad alcuna condizione quale, nel caso in questione, il vincolo al regime doganale dell’esportazione.

Secondo la Corte una misura nazionale eccede quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’imposta nel caso in cui subordini essenzialmente il diritto all’esenzione dall’IVA al rispetto di obblighi formali, senza che siano presi in considerazione i requisiti sostanziali e, in particolare, senza porsi la questione se questi ultimi siano stati soddisfatti.

In altre parole la libertà degli Stati membri di individuare le condizioni per le esenzioni delle esportazioni al fine di evitare casi di evasione, elusione e abuso, non deve mai confliggere con il rispetto del principio di proporzionalità, che sarebbe violato nel momento in cui si subordinasse l’esenzione IVA al solo rispetto di obblighi formali.

Le argomentazioni e conclusioni della Corte sono coerenti con quanto da questa già affermato in precedenza secondo cui “Una normativa nazionale che assoggetta l’esonero IVA all’esportazione, a un termine di uscita con l’obiettivo, in particolare, di lottare contro l’elusione e l’evasione fiscale, senza per questo consentire al soggetto passivo di dimostrare, al fine di beneficiare di tale esonero, che la condizione di uscita è stata soddisfatta dopo lo scadere di tale termine, e senza prevedere un diritto del soggetto passivo al rimborso dell’IVA già corrisposta in ragione del non rispetto del termine, qualora sia fornita la prova che la merce ha lasciato il territorio doganale dell’Unione, eccede quanto necessario per il conseguimento di detto obiettivo” (sentenze C-563/12, C‑285/09 e C‑409/04).

Conclude la Corte ricordando (v. da ultimo sentenza C‑495/17) che il criterio sostanzialistico della prova ai fini dell’esenzione IVA cede il passo dinnanzi a quello formalistico solo in due circostanze ben definite, qualora un soggetto passivo abbia partecipato intenzionalmente ad un’evasione fiscale mettendo a repentaglio il funzionamento del sistema comune dell’IVA (sapendo o dovendo sapere che l’operazione di cui era parte rientrava in un’evasione) o quando la violazione ha come effetto d’impedire che sia fornita la prova certa del rispetto dei requisiti sostanziali.

La Corte, quindi, ribadisce che, qualora sia stata dimostrata nel giudizio a quo l’uscita dei beni dal territorio UE a mezzo documenti provenienti dall’Ufficio pubblico postale, ciò è sufficiente a concludere il regime doganale in fase export ai fini dell’esenzione IVA, ed aggiunge che la dichiarazione in dogana, riguardando il regime doganale e non già quello IVA, potrebbe essere effettuata ex post sanando così l’eventuale assenza formale senza comportare la perdita definitiva del diritto all’esenzione all’esportazione.

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Esclusa l’esenzione IVA delle prestazioni didattiche universitarie rese da enti non statali. Contrasto con prassi interna e giurisprudenza unionale.

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Esenzione da accisa di prodotti denaturati commercializzati anche come prodotti destinati al consumo umano.