Istanze di rimborso IVA da parte dalla stabile organizzazione italiana e garanzia prestata in proprio dalla capogruppo estera. Limiti applicativi.
Con la risposta ad interpello n. 42 del 10.2.2020 l’Agenzia ha fornito indicazioni in merito alla corretta procedura per le istanze di rimborso IVA da parte di una stabile organizzazione in Italia di una società controllante estera, chiarendo che, nelle ipotesi di gruppi societari situati all’estero, la garanzia non può essere prestata dalla capogruppo bensì va veicolata nei modi ordinari (cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, fideiussione, polizza fideiussoria).
L’Agenzia ha fornito risposta su un’ipotesi di istanza di rimborso IVA presentata, nel caso concreto, mediante la stabile organizzazione italiana di un soggetto non residente, la quale, ritenendo di essere esente dalla prestazione di garanzia ex comma 3 dell’art. 38-bis del Decreto IVA (dpr 633/1972), chiedeva all’Agenzia conferma in tal senso o, in alternativa, di poter prestare la garanzia tramite assunzione diretta in capo alla controllante estera come previsto dal comma 5 dell’art 38-bis in questione.
Il comma 3 sopra richiamato consente, a quelle società che non rientrano nelle ipotesi di rischio, di richiedere, senza la necessaria prestazione di garanzia, rimborsi IVA superiori ad € 30.000 al ricorrere delle seguenti condizioni:
presentazione della dichiarazione annuale ovvero dell’istanza di rimborso da cui emerge il credito;
apposizione del visto di conformità o della sottoscrizione alternativa;
allegazione di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti:
la circostanza che il patrimonio netto non sia diminuito, rispetto al periodo d’imposta precedente, di oltre il 40 per cento.
non risultino cedute, nell’anno d’imposta precedente, azioni o quote della società superiori al 50% del capitale sociale.
sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali ed assicurativi.
In aggiunta all’ipotesi di cui sopra, il comma 5 dell’art. 38-bis consente ai gruppi di società, con patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 250 milioni di euro, di poter prestare direttamente ed in proprio, in capo alla capogruppo o controllante, la garanzia richiesta nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
In merito l’istante faceva presente che, in quanto stabile organizzazione, non redigendo un autonomo bilancio d’esercizio, avrebbe preso come riferimento o il proprio patrimonio netto contabile o il bilancio d’esercizio della casa madre.
L’Agenzia delle Entrate ha rigettato le soluzioni offerte dall’istante motivando che la controllata italiana non ha un patrimonio netto di riferimento non redigendo un proprio bilancio d’esercizio e sottolineando l’unicità della compagine societaria tra la controllata e la controllante estera, circostanza che non presenta quest’ultima come un soggetto “terzo” ai fini della eventuale escussione della garanzia né può generare eventuali “rapporti giuridici” tra le due, come chiarito sul punto dalla Corte di Giustizia europea nella Causa C-210/04.
Al punto 51 della sentenza della Corte europea si legge che “…la succursale di una società non residente è priva di autonomia e non esiste pertanto alcun rapporto giuridico tra loro. Esse devono essere considerate un solo ed unico soggetto passivo ai sensi dell’art. 4, n. 1, della VI Direttiva”.
L’unitarietà soggettiva tra la stabile italiana e la controllante estera esclude che la garanzia possa essere prestata da quest’ultimamediante la diretta assunzione dell’obbligazione di pagamento ai sensi del comma 5 dell’articolo 38-bis citato.
In tal caso, infatti, non vi sarebbe un patrimonio “terzo” in aggiunta a quello del soggetto richiedente il rimborso a rafforzare le garanzie per l’Erario, che, pertanto, garantirebbe se stesso.
L’articolo 38-bis comma 5 prevede che “la garanzia può essere prestata mediante la diretta assunzione da parte della società capogruppo o controllante di cui all’articolo 2359 del codice civile della obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all’Amministrazione finanziaria, anche in caso di cessione della partecipazione nella società controllata o collegata”.
La norma consente alla capogruppo o controllante di assumere, per conto della controllata che ha presentato l’istanza di rimborso, l’obbligazione di integrale restituzione delle somme che possono risultare indebitamente rimborsate, ovvero degli altri crediti del medesimo periodo cui si riferisce il rimborso e di quelli precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia, divenendo, per così dire, “fideiussore” della controllata.
In tal caso, in luogo delle forme di garanzia previste dalla citata norma (polizza fideiussoria, fideiussione ecc.), l’interesse erariale è garantito dal patrimonio della controllante oltre che da quello della controllata.
L’Agenzia, richiamando un proprio precedente di prassi (Circ. 164/E del 22.6.1998) ha precisato che “agli effetti della norma – che attribuisce rilevanza ai fini dell’individuazione dei soggetti abilitati a prestare la garanzia alla normativa civilistica in tema di bilancio consolidato – non assume rilievo la mera redazione di un bilancio consolidato, ma è necessario che lo stesso sia stato redatto per ottemperare agli obblighi di cui all’articolo 25 e seguenti del decreto legislativo n. 127 del 9 aprile 1991″.
Cosicché la disposizione, prendendo in considerazione il patrimonio netto risultante dal bilancio consolidato redatto ai sensi del decreto legislativo n. 127 del 1991, dal momento che la capogruppo/controllante è una società non residente nel territorio dello Stato, non consente a quest’ultima l’assunzione in proprio della garanzia ex comma 5 art. 38-bis.
Ne consegue che la garanzia va prestata nelle altre forme previste dal comma 5 dell’articolo 38-bis, (cauzione in titoli di Stato o garantiti dallo Stato, fideiussione, polizza fideiussoria rilasciata da un’impresa di assicurazione, ecc.).