La falsità dei certificati di origine ai fini dell’esenzione daziaria non inficia l’utilizzo dei depositi iva ai fini del reverse charge.
Con sentenza n. 4384/2019 la Corte di Cassazione ha chiarito che, nell’ipotesi di irregolarità/falsità dei certificati di origine (nell’ipotesi Eur-1) che avrebbero consentito l’esenzione daziaria in linea di dogana, questa non travolge automaticamente il diritto di fatturare l’Iva mediante il meccanismo del revesre charge all’atto dell’estrazione dei beni dai depositi IVA, dal momento che, diversamente operando, si violerebbe il principio di neutralità dell’imposta con conseguente doppia imposizione, vietata dalla Direttiva IVA.
Con l’atto impositivo impugnato le Dogane richiedevano il pagamento, oltre che dei dazi anche dell’IVA all’importazione, sul presupposto della falsità dei certificati di origine delle merci oggetto delle operazioni in contestazione, nel convincimento dell’interdipendenza tra i dazi e l’IVA all’importazione, con la conseguenza che, nelle ipotesi di “irregolarità genetica” dell’operazione doganale, veniva travolta oltre che l’esenzione daziaria anche quella IVA.
La Corte, prendendo atto anche dell’evoluzione giurisprudenziale soprattutto unionale (sentenza Equoland) ha ribadito che l’IVA all’importazione e l’IVA interna/intracomunitaria non sono imposte diverse, bensì la medesima imposta, sicchè le differenze tra esse non sono ontologiche/sostanziali ma soltanto procedimentali (di accertamento/di riscossione), quindi è inibito ad uno Stato membro di richiedere il pagamento dell’IVA già regolarizzata con il reverse charge.
Di conseguenza la regolare introduzione nel deposito IVA delle merci importate, in uno all’assolvimento dell’imposta mediante il reverse charge, non dà diritto ad una nuova richiesta dell’IVA nel caso di irregolarità/falsità dei certificati di origine.
La Corte ha concluso enunciando il principio di diritto secondo cui “In caso di falsità dei certificati di origine delle merci importate ed inserite in un deposito IVA, la perdita dell’esenzione daziaria conseguente all’accertamento di detta falsità non implica necessariamente anche quella dell’IVA all’importazione, qualora tale imposta sia stata comunque assolta secondo il modulo dell’inversione contabile all’atto dell’estrazione delle merci dal deposito IVA”.